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PFAS nelle acque potabili pugliesi: il rapporto Greenpeace e le soluzioni per migliorare la qualità dell’acqua

Negli ultimi anni, la qualità dell’acqua potabile è diventata un tema sempre più rilevante per cittadini e istituzioni. Il recente rapporto di Greenpeace Italia, intitolato “Acque senza veleni” (Greenpeace), ha evidenziato la presenza di PFAS nelle acque potabili di diverse regioni italiane, con particolare preoccupazione per il comune di Andria, in Puglia.

Secondo le rilevazioni effettuate tra settembre e ottobre 2024, nel territorio andriese è stata registrata una concentrazione di PFAS pari a 17,4 ng/l e di PFOA pari a 3,0 ng/l. Sebbene questi valori siano al di sotto dei limiti consentiti dalla legge, la presenza di tali sostanze desta allarme per la loro persistenza ambientale e i potenziali effetti nocivi sulla salute umana.

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Ma cosa sono i PFAS e perché sono così pericolosi? E soprattutto, quali soluzioni esistono per ridurre il rischio di esposizione attraverso l’acqua potabile?

Cosa sono i PFAS e quali rischi comportano

I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) sono una famiglia di oltre 4.700 composti chimici utilizzati in diversi settori industriali e prodotti di consumo, come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili, schiume antincendio e imballaggi alimentari. La loro diffusione nell’ambiente avviene attraverso le acque reflue industriali, il rilascio atmosferico e la contaminazione del suolo.

Queste sostanze sono definite “inquinanti eterni” poiché si degradano molto lentamente e possono accumularsi nel suolo, nell’acqua e negli organismi viventi, inclusi gli esseri umani. Studi scientifici hanno collegato l’esposizione prolungata ai PFAS a diverse patologie, tra cui:

  • Disturbi endocrini
  • Ridotta risposta del sistema immunitario
  • Problemi di sviluppo nei bambini
  • Aumento del rischio di alcune forme di cancro (in particolare per il PFOA, dichiarato cancerogeno dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro – IARC Fonte IARC)

Per questo motivo, limitare la presenza di queste sostanze nell’acqua potabile è una priorità per la salute pubblica.

Il rapporto di Greenpeace e l’analisi sulla Puglia

Il rapporto “Acque senza veleni” di Greenpeace Italia ha acceso i riflettori sulla contaminazione da PFAS nelle acque potabili di diverse regioni italiane, evidenziando criticità anche in Puglia. L’analisi condotta tra settembre e ottobre 2024 ha rilevato la presenza di PFAS in diverse aree, con particolare attenzione al comune di Andria, dove è stata riscontrata una concentrazione di 17,4 ng/l di PFAS totali e 3,0 ng/l di PFOA. Sebbene questi valori rientrino nei limiti di legge attuali, destano preoccupazione per la loro persistenza nell’ambiente e i possibili effetti sulla salute pubblica. La situazione in Puglia evidenzia la necessità di un monitoraggio continuo e di strategie efficaci per la riduzione della contaminazione, attraverso l’adozione di sistemi di filtrazione avanzati e politiche di tutela delle risorse idriche.

Come ridurre la presenza di PFAS nell’acqua potabile

Sebbene il monitoraggio e la regolamentazione siano fondamentali per prevenire la contaminazione delle acque potabili, esistono anche soluzioni domestiche per migliorare la qualità dell’acqua che arriva nelle nostre case. I sistemi di trattamento dell’acqua sono una delle strategie più efficaci per ridurre la concentrazione di PFAS e altri contaminanti.

1. Filtri a carbone attivo

I filtri a carbone attivo sono tra i sistemi più diffusi per la rimozione dei PFAS nell’acqua. Questi filtri sfruttano la capacità del carbone attivo di adsorbire le sostanze chimiche presenti nell’acqua, trattenendole nei pori del materiale filtrante.

Secondo diversi studi (EPA), i filtri a carbone attivo granulari (GAC) possono ridurre significativamente la presenza di PFAS nell’acqua potabile, sebbene l’efficacia dipenda dal tipo e dalla concentrazione delle sostanze da rimuovere. Per garantire il massimo risultato, è importante sostituire regolarmente i filtri.

2. Osmosi inversa

Un’altra tecnologia efficace per il trattamento delle acque potabili è l’osmosi inversa. Questo sistema utilizza una membrana semipermeabile per separare le impurità dall’acqua, eliminando non solo i PFAS, ma anche altre sostanze nocive come metalli pesanti, nitrati e residui di pesticidi.

L’osmosi inversa è particolarmente consigliata per le abitazioni situate in zone con acqua potenzialmente contaminata, in quanto garantisce una depurazione profonda e sicura (WHO).

3. Sistemi combinati di filtrazione

Per una protezione ancora più efficace, esistono impianti di depurazione che combinano diverse tecnologie, come filtri a carbone attivo, osmosi inversa e resine a scambio ionico. Questi sistemi permettono di ottenere un’acqua potabile di alta qualità, eliminando non solo i PFAS, ma anche altre sostanze dannose presenti nell’acqua.

Leggi qui il rapporto completo di Greenpeace.

L’importanza di un’acqua sicura per il benessere quotidiano

L’acqua è un bene essenziale per la nostra salute e quella dell’ambiente. La presenza di sostanze nocive come i PFAS nell’acqua potabile rappresenta una sfida che non può essere ignorata. Sebbene i dati rilevati da Greenpeace in Puglia siano ancora entro i limiti di legge, il principio di precauzione suggerisce di adottare misure preventive per garantire la massima sicurezza.

Oltre a richiedere controlli più stringenti e politiche ambientali più efficaci, ogni cittadino può contribuire a ridurre il rischio di esposizione adottando sistemi di trattamento dell’acqua adatti alle proprie esigenze. Filtri a carbone attivo, impianti ad osmosi inversa e sistemi di purificazione avanzati sono strumenti validi per migliorare la qualità dell’acqua e proteggere la nostra salute.

Investire in un sistema di depurazione domestico non è solo una scelta consapevole per il benessere familiare, ma anche un passo concreto verso un futuro in cui l’acqua potabile sia davvero “più buona” per tutti.

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